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Professione
SENTENZE, CORTE DI CASSAZIONE, CORTE COSTITUZIONALE

E' solo quando lo Shiatsu si suppone che abbia i connotati tipici delle professioni sanitarie in Italia che il rischio è quello di contravvenire all'articolo 348 cod.penale ( esercizio abusivo della professioni protette, per le quali è richiesta la speciale abilitazione dello stato. ), meglio specificato, per quello che riguarda la professione medica dalla Cass.Pen., sez.II , 5385/95 "In relazione alla professione medica, che si estrinseca nell'individuare e diagnosticare le malattie, nel prescriverne la cura, somministrare i rimedi anche se diversi da quelli ordinariamente praticati, commette il reato d'esercizio abusivo della professione chiunque esprima giudizi diagnostici e consigli e appresti le cure al malato.

Chi pratica lo Shiatsu non può quindi esprimere giudizi diagnostici o terapeutici, né attuarne, ma deve rimanere nell'ambito proprio della sua professione, che , come vedremo di seguito non costituisce esercizio abusivo della professione medica.

Si è così espressa la Pretura di Venezia, Sez.Mestre, riguardo ad una denuncia presentata contro un praticante di Shiatsu per esercizio abusivo della professione

Pretura Circondariale di Venezia - Sez. distaccata di Mestre - Sent. 29.5.1998 - Giud. Schiralli - Imp.(Omis.) Abusivo esercizio di una professione - Pratica dello Shiatzu (sic!) - Finalità terapeutica - Esclusione - Reato - Insussistenza

L'esercizio abusivo della professione medica, sotto il profilo della pratica fisioterapica, postula che venga in concreto esplicata una attività che sia caratteristica di tale professione, attività che consiste nella formulazione di una diagnosi e di una prognosi in relazione a malattie, nella prescrizione di terapie e pratiche di prevenzione, nella manipolazione del corpo umano sempre a scopo curativo o preventivo. La pratica dello Shiatzu, non avendo alcuna finalità terapeutica, non rientra in nessuna delle attività caratteristiche della professione medica.
(Omissis).
- Secondo quanto riferito concordemente in dibattimento da tutti coloro che si recavano da----- per avvalersi delle sue prestazioni, questi si è sempre limitato a svolgere mera attività di digitopressione, che consisteva nell'esercitare una pressione con le dita delle mani su alcuni punti neurosensoriali del corpo.
Omissis)
Hanno inoltre riferito che quando l'imputato praticava questa forma di digitopressione, essi rimanevano vestiti e non veniva loro applicata alcuna crema o unguento.
(Omissis)
Da tali dichiarazioni emerge in modo inequivoco che l'attività svolta dall'imputato non è sussumibile nell'ambito della pratica fisioterapica, per il cui esercizio è richiesto un diploma parauniversitario.
(Omissis)
Dall'istruttoria è emerso che lo shiatzu è una tecnica di rilassamento che si risolve in una mera attività di digitopressione senza alcuna manipolazione, torsione o massaggio del corpo e che non ha alcuna finalità terapeutica, mirando semplicemente al riequilibrio energetico e ad accrescere la sensazione di benessere di coloro che vi si sottopongono.
L'Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Venezia ha recentemente confermato che lo shiatzu non rientra nelle professioni sanitarie principali o secondarie, e neppure nelle arti sanitarie ausiliarie (documento 3 difesa).
Ciò posto, non può attribuirsi all'imputato l'esercizio abusivo della professione medica sotto il profilo della pratica fisioterapica, atteso che tale reato postula che venga in concreto esplicata un'attività che sia caratteristica di tale professione, attività che consiste nella formulazione di una diagnosi, nell'indicazione di un giudizio prognostico in relazione a malattie, nella prescrizione di terapie e pratiche di prevenzione, nella manipolazione del corpo umano sempre a scopo curativo o preventivo (in questo senso Cass. 5.4.1996 n. 3403), o nella verifica di una precedente diagnosi o di una terapia in corso (Cass. 13.3.1970)
(Omissis).
La sentenza espressa sopra individua perfettamente le caratteristiche dello Shiatsu, e ne esprime la estraneità rispetto a quelle di un trattamento fisioterapico.

Il documento che segue è l’ordinanza della Corte Costituzionale che decreta la liceità dell’esercizio della Chiropratica in Italia stabilendo che l’attività del Chiropratico non è abuso di professione medica. Esso va letto attentamente perchè fissa dei presupposti validi anche per professioni come quella di Operatore Shiatsu. Ne consegue, per gli stessi presupposti, che nemmeno l'attività di operatore Shiatsu configura il reato di esercizio abusivo della professione.

Estratto da: Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – Ordinanza Numero 149 gennaio/febbraio 1988.

“Considerato che la fattispecie denunziata punisce soltanto chiunque eserciti abusivamente una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato: dove è evidente che l’abuso consiste proprio nell’esercizio di una professione, per la quale lo Stato richieda speciale abilitazione, da parte di chi non l’abbia conseguita; che al contrario, è lo stesso Pretore a riconoscere nell’ordinanza che lo Stato italiano non richiede alcuna abilitazione per la professione di “chiropratico” che la nostra legge ignora, mentre l’art. 2229 cod. civ. affida appunto alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi; che, conseguentemente, a fronte del disinteresse della legge ordinaria, non ha alcuna rilevanza che la chiropratica possa essere inquadrata nello schema delle professioni, giacché, fino a quando lo Stato non riterrà di disciplinarla e di richiedere per il suo esercizio una speciale abilitazione, si tratta evidentemente di un lavoro professionale tutelato, ex art. 35, primo comma, Cost., in tutte le su forme ed applicazioni, e di una iniziativa privata libera ex art. 41 Cost., si che l’art. 348 cod. pen. Risulta assolutamente inapplicabile perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato, e la questione proposta è del tutto irrilevante; che la questione è, perciò, manifestamente inammissibile;
Visti gli articoli. 26, primo co, 1.11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo co., delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte Costituzionale;

Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 348 cod. pen., sollevata dal Pretore di Catania con ordinanza 10 luglio 1985 in riferimento agli art. 10 e 25 Cost.”
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