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Sadici in luna di miele

immagineBill Palmer è direttore ella Scuola d'Educazione Esperienziale, autore di 'Movement Shiatsu", ed è editore del Journal of Shiatsu and Body Oriental Therapy. E' stato Presidente della UK Shiatsu Society. . I suoi articoli sono spesso singolari o provocatori. Quello che segue è ritenuto un "classico" della letteratura shiatsu in Gran Bretagna sul rapporto cliente-operatore.

Circa dieci anni fa, stavo tenendo un seminario di consulenza per operatori Shiatsu insieme ad una terapista di Gestalt, Flora Meadows, che, al termine del seminario, mi disse che la sua impressione era che gli operatori Shiatsu fossero dei sadici. Rimasi scioccato, presumendo che stesse criticando lo Shiatsu, ma parlandone con lei e ripensandoci, mi resi conto che non stava esprimendo una critica, anzi, parlava di una capacità che ammirava e riteneva necessaria ed utile all'essere terapisti.
La parola 'sadici' ha una forte carica emotiva, ma mi fece pensare. Questo articolo è un'esplorazione di un decennio di pensiero fruttifero stimolato dalla sua scioccante affermazione.

Prima di tutto, cosa penso che intendesse realmente? La parola 'sadico' è spesso utilizzata per descrivere una persona che si eccita nell'infliggere dolore ad una vittima che non lo desidera. Qualcuno che abusa ed umilia le sue vittime. Non credo che la maggior parte degli operatori Shiatsu rientrino in questa categoria! D'altro canto, in qualunque relazione terapeutica, il cliente vulnerabile può ricadere in un ruolo passivo, accettando che gli venga detto cosa c'è che non va in lui e cosa dovrebbe fare, mentre l'operatore si gode la propria sensazione di capacità, di sapere cosa fare e di avere l'abilità e le conoscenze necessarie per farlo. In questo tipo di dinamica, il cliente e l'operatore possono assumere ruoli simili a quelli rivestiti dal sadico e dal masochista, visto che le strutture di potere nella relazione sono simili, anche se, ribadisco immediatamente, meno malvagie.

Questo è il lato più oscuro del sadico nel processo terapeutico, che può fungere da avviso di cautela nel nostro lavoro, portandoci ad essere più attenti alle dinamiche di potere nei rapporti. D'altro canto, credo che esista un altro parallelo possibile, più creativo, tra il sadico ed il terapista. Per cominciare ad esplorare questo concetto, dobbiamo vedere perché un cliente viene a ricevere Shiatsu. Molto spesso è per qualcosa di più del ricevere una semplice cura per un problema. A qualche livello il cliente è consapevole che sua la personalità, la sua postura, o le sue abitudini di vita sono alla radice della sua sofferenza più che i suoi sintomi. Sta chiedendo implicitamente di ricevere un aiuto volto a modificare i suoi schemi. Se volesse semplicemente alleviare i sintomi la sua scelta ricadrebbe prima di tutto su di un medico tradizionale. Il fatto che abbia scelto una terapia di tipo più olistico, significa che probabilmente cerca qualcosa di più.

D'altronde il cambiare schemi è un processo arduo, spesso estremamente doloroso, e tutte le difese della personalità sono messe in gioco per resistere ad una trasformazione più profonda, per quanto positiva potrebbe essere. Pensate a come sia difficile per la maggior parte delle persone rinunciare ad una abitudine distruttiva come il fumare tabacco, nonostante sappiano che potrebbe ucciderle. Pensate a quanto sia più difficile cambiare uno schema radicato nella postura e nella personalità. Per aiutare una persona a modificarsi a questo livello il cliente ed il terapista hanno bisogno di costanza, compassione, visione e dell'assunzione di un impegno. Al di là di tutto questo entrambi devono percepire che 'ne vale la pena' che il processo si svolga. Il resto dell'articolo esplora come possiamo facilitare quegli aspetti del percorso che aiutano il cliente a spingersi al cambiamento. Lungo questa strada vedremo come la metafora del sadico si possa applicare positivamente alla terapia.

Il Contratto
Il contratto tra il terapista ed il cliente è decisamente uno degli aspetti più importanti della terapia. Molti dei problemi di un rapporto terapeutico si possono riportare ad un contratto poco chiaro. Che sia esplicito o meno, viene sempre stipulato un contratto. Per esempio,ecco un cliente che entra nel nostro studio:

Shiatsuka: Buongiorno, cosa posso fare per lei?
Cliente: Mi fa male la schiena.
Shiatsuka: Bene, si sdrai e vediamo cosa ci possiamo fare.

Questo è un contratto. Il cliente ha chiesto un aiuto per la sua schiena. L'operatore Shiatsu ha accettato di provare ad essere d'aiuto con un trattamento fisico. Le difficoltà in un rapporto terapeutico insorgono quando questo contratto iniziale viene modificato senza che i termini vengano rinegoziati.

Ad esempio : Operatore: penso che lei debba fare più moto e modificare la sua dieta mangiando più cereali, poiché la sua energia in generale è carente.

Nonostante la maggior parte dei clienti accetterà la proposta senza far domande questo è un cambiamento di contratto, poiché il contratto originale prevedeva un accordo implicito di lavorare sulla schiena attraverso un contatto fisico e non dei consigli riguardo allo stile di vita.

Sono comuni anche cambiamenti di contratto più seri, quali:
Operatore: Mi sembra che tu stia trattenendo molta rabbia nella schiena. Hai idea di cosa potrebbe trattarsi?

Questo cambiamento di contratto sposta (in maniera poco raffinata) l'area operativa dall'argomento proposto dal cliente, alle sue emozioni. Un tale cambiamento di direzione inevitabilmente porta alla confusione. Mi spiego: Se il cliente accetta il cambio di contratto, confidando nell'abilità dell'operatore, diviene più passivo nel rapporto terapeutico. Questo può facilmente portare alla sensazione di abuso di cui abbiamo già parlato, in particolar modo se tali interventi terapeutici fanno emergere sensazioni che il cliente non desidera esporre.
Se il cliente rifiuta la modifica al campo operativo dicendo qualcosa come "non sono arrabbiato, mi sono solo stirato un muscolo", ecco che si crea un conflitto poco chiaro. Le due persone si troveranno a discutere quale sia la corretta 'diagnosi' piuttosto che discutere un reale e 'sano' cambiamento di contratto.

A tutti gli effetti l'operatore sta dicendo: "Credo di non poter adempiere alla mia parte del contratto ed aiutarti con la tua schiena a meno che non accettiamo di prendere in considerazione le tue emozioni all'interno della terapia" . Questa sarebbe una affermazione chiara. Il problema insorge perché questo non è stato dichiarato. Al cliente non viene data la possibilità di scegliere se continuare a lavorare in queste condizioni né di esprimere la propria opinione riguardo a ciò che l'operatore pensa.

Il contratto terapeutico è una dichiarazione chiara del percorso che il processo potrà prendere con cui, entrambi, cliente e operatore, sono d'accordo, e include la visione globale della destinazione della terapia e la scelta consapevole di prendere quella direzione.

L'impegno
Se il contratto è chiaro, allora il cliente può fare la scelta attiva di partecipare alla terapia, e questo rende più probabile che non si discosterà dal processo di guarigione anche quando le cose si faranno difficili. Poiché né l'operatore né il cliente possono sapere fin dall'inizio la direzione che la terapia prenderà, il contratto deve essere sempre rinegoziabile. Ma se è troppo flessibile e cambia di fronte a qualunque difficoltà, allora la terapia non potrà mai spingersi oltre la naturale resistenza al cambiamento del cliente. Per parafrasare Derek Gale: "Se ogni volta che il movimento si fa duro i duri si mettono in movimento, allora non arriveremo mai da nessuna parte".

Carola Beresford Cooke spiega la necessità del prendersi un impegno nella terapia, usando la metafora del germoglio che si spinge verso l'alto per raggiungere la luce superando la resistenza della dura terra. Questa immagine descrive il processo del cliente e dell'operatore che spingono per superare la resistenza al cambiamento; Essere flessibili riguardo a quale sarà il percorso preciso, ma non lasciarsi scoraggiare dall'opposizione. Questo persistere flessibile messo in pratica attraverso una scelta consapevole è ciò che intendo quando parlo di impegnarsi. E' facile però confondere il mantenere l'impegno con il controllo.

Per esempio:
Operatore: "Hai accettato un contratto secondo cui saresti rimasto in terapia anche se fosse divenuta difficile, per cui ti trattengo in base ad esso"
Cliente: "Devo attenermi a questo processo anche se penso che questo terapista sia inutile perché ho preso un impegno e devo rispettarlo.

Entrambe queste affermazioni puzzano del lato ombra del rapporto sadico/vittima. Nessun cliente può prevedere l'intensità del dolore che proverà quando prendono la decisione iniziale di cominciare una terapia. Motivo per cui mi sento più a mio agio con domande del tipo:
Operatore: "Adesso sai quanto può essere dura, vuoi ancora attenerti alla scelta che hai fatto di rimanere anche se diventa difficile?"

Allora l'impegnarsi può divenire una coraggiosa riaffermazione di una scelta in momenti difficili, invece una rigida serie di regole che controllano la terapia.

Il Sadico Terapeutico
L'impegno in questi termini è una scelta comune dell'operatore e del cliente di proseguire nel processo doloroso che porti ad un reale ristabilirsi dell'energia vitale. Questa è l'analogia positiva con il rapporto sadomaso. La metafora del sadico è utile ad un terapista poiché sottolinea che, per arrivare da qualche parte, potresti doverti trovare ad essere disponibile ad insistere in una attività che porta un altro a provare dolore. E' difficile, d'altronde, per un terapista distinguere tra questo impegno amoroso e il più oscuro piacere che il sadico prova nell'esercitare un potere. Gli psicoterapisti riconoscono questo e richiedono ad ogni terapista di essere a sua volta sotto supervisione di qualcuno abbastanza esperto da aiutarli a vedere se sono sadici terapeutici o effettivi.

Perché ne vale la pena?
Gli esseri umani sono complessi e sono capaci di convincersi di essere vittime. In alcuni casi questo può essere vero, ma nella terapia il cliente è in effetti libero di scegliere. E' un adulto che paga un terapista perché lo aiuti e se il risultato non vale il dolore provato è libero di andarsene. In realtà, il contratto, la visione e l'impegno non significano nulla se ad un certo livello non si sente che ne è valsa la pena. Quali fattori portano a sviluppare questa sensazione di validità? Il più ovvio è che sono necessarie fasi di soddisfazione e nutrimento all'interno della terapia. Se il gioco non si allenta mai, dall'inizio alla fine, alla fine sia l'operatore che il cliente rimarranno senza più capacità di resistenza. Il periodo iniziale di terapia, durante il quale si sviluppano contratti e fiducia, è molto importante per costruire una riserva di buone sensazioni che possa nutrire la terapia durante i momenti difficili.

La Luna di Miele Terapeutica
Questo momento iniziale è come una luna di miele. Tutto sembra risolversi molto velocemente. Il cliente ha la sensazione che il terapista sia fantastico e si sente stare meglio. Per molti versi è come l'innamorarsi - tutto è caldo, liscio e soddisfacente. Come l'innamorarsi questo momento è molto passeggero ma con il nutrimento che offre crea una dispensa di soddisfazione che sarà di supporto per l'impegno futuro. Io penso che questa riserva di soddisfazione sia la sostanza del rapporto. Senza la Sostanza il processo attivo della terapia non dà alcuna sensazione che ne vale la pena e può solo essere mantenuto attraverso un rigido controllo. Le successive fasi di difficoltà e resistenza consumano letteralmente la sostanza e, se la scorta di soddisfazione non sarà a volte ricaricata, il rapporto seccherà, diverrà duro e fragile fino a spezzarsi. La sostanza ha bisogno di venire nutrita da una sfida attraverso il contatto che sia percettibilmente empatico e nutriente. I successi possono procurare questi momenti di realizzazione ed anche il dolore può essere soddisfacente se il cliente ha la sensazione che lo portino da qualche parte. Alla fine è l'esistenza di lune di miele soddisfacenti nel rapporto terapeutico che rendono il necessario sadomasochismo accettabile e danno sostanza all'impegno ad essere presenti nella terapia.

Riconoscimenti
Ho cominciato questo articolo riconoscendo a Flora Meadows il merito di avere dato il via a questa fertile crescita di pensiero. D'altro canto, le sue parole non avrebbero avuto un senso per me se non avessi sperimentato la soddisfazione che deriva da rapporti che mi sfidavano. Poiché la mia famiglia evitava il conflitto, finché non lavorai con Derek Gale nella seconda metà degli anni '80, non fui in grado di apprezzare il valore della difficoltà e del persistere nella terapia. Devo ammettere che non fu allora che lo compresi! Me ne andai dopo cinque o sei anni di terapia regolare prima che le questioni sollevate si risolvessero. Ma quell'andarmene fu la prima decisione che presi ed ebbe un gran valore in quanto tale. Ciò che è interessante per me e attinente a questo articolo è che le forti sfide di Derek continuarono a lavorare nella mia vita per molti anni dopo la fine della terapia, in un periodo durante il quale non lo vidi mai personalmente. Solo nell'ultimo anno sono arrivato ad una reale risoluzione di quelle questioni e sento che la terapia con lui è effettivamente terminata.
Questo persistere dell'influenza evoca fortemente il concetto cinese di Hun, che descrive il persister della "benevolenza" di una personalità dopo la morte. Lo Hun è tradizionalmente percepito come l'aspetto che dà un significato alla nostra vita nella storia e nella comunità estesa. Ted Kaptchuck descrive lo Hun come quell'aspetto di noi stessi che è parte di un lignaggio ancestrale che abbraccia gli effetti che hanno su di noi i nostri predecessori e che noi a nostra volta passeremo alle generazioni future. Mi piace pensare allo Hun anche come al perdurare dell'influenza di una persona in sua assenza, non solo alla sua morte. Così lo spirito, o lo Hun, dei miei insegnanti continua a vivere nella mia vita anche quando non sono con loro. La maggior parte delle tradizioni orientali enfatizzano l'importanza del lignaggio, poiché nessuna idea o pratica nasce dal nulla. Il riconoscere influenze passate e rendere omaggio ad un lignaggio di insegnamento supporta la mia capacità di essere innovativo e spontaneo, nella consapevolezza che la motivazione non si basa solo sul terreno limitato della mia vita individuale, ma anche sulla radici profonde di un lignaggio. La forza del lignaggio di una terapista è importante per la sua abilità di sfidare con compassione la resistenza di un cliente. Anche qui la supervisione può essere d'aiuto, offrendo al terapista un supporto dalla saggezza collettiva dell'eredità terapeutica.
Infine, la mia esperienza dello Hun di Derek (benché sia tuttora alquanto vivo) è una grande lezione per me, che mi insegna a non presumere che ogni rapporto terapeutico necessiti di arrivare ad una risoluzione, che nessuna seduta deve essere per forza completa e sferica. Credo che la forza del rapporto continuerà a intessersi nella vita di una persona finché non avrà raggiunto soddisfazione e possa considerarsi libero dal suo problema.

Riferimenti: Carola Beresford Cooke: Shiatsu, Teoria e Pratica, ed. UTET


Traduzione di Lisa Ovi
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